La sensualità della luce
“L’essenziale è
invisibile agli occhi”, scriveva Saint-Exupery nel
Piccolo Principe. Nella scultura di Marco Ambrosini l’essenziale
si fa visibile. La luce, l’eterno, il respiro (anche
titoli di opere) sono onde di marmo limpide e silenziose
(Onda perpetua), emersioni bianchissime. E leggere.
La materia grave, difficile si rende
lieve, quasi fragile come carta o tessuto (Gorgiera),
percorsa da un brivido, accarezzata dallo scultore fino
a farsi simbolo carnale, creatura palpitante.
Non si può non pensare ad Arp,
ai suoi pieni oblunghi, ai vuoti espressivi, varchi di
sogno, di poesia. E non ricordare le sculture cicladiche,
voluttuose e levigate, in forme come “Madre Terra”
o “Nudo”.
C’è una sensualità
luminosa colma di grazia e mistero, una trepidazione dell’ombra
(Geisha, Amanti). In “Medea” l’abbraccio
luminoso verticale si fonde con una valva scura, orizzontale,
l’amore e la morte, la luce e l’oscurità.
Con questi contrasti Ambrosini delinea l’essenza,
la concentra nel profilo limpido del marmo.
Osservare le sue sculture è
come ascoltare il mare nella conchiglia: s’avvertono
eco profonde, antiche. Non si sa se sono le luci o le
ombre a farsi strada in noi. Ma siamo indotti al silenzio,
alla contemplazione, a guardarci dentro. E oltre.
Manuela Bartolotti Ablondi